Avevo promesso a me stessa di non scrivere mai recensioni negative sui libri perché ciò che io amo potrebbe essere il massimo della bruttezza per qualcun altro così come libri di autori che piacciono a persone che conosco possono essere per me la lettura più sgradevole al mondo.
Ci ho pensato sù e la spiegazione al perché ho deciso ugualmente di scrivere questo post è che non si tratta di gradimento, di scelte particolari fatte dall'autore che io non approvo, (ad esempio mi è capito di discutere con Giusi Parisi riguardo "Io bullo"*), ma di rispetto e utilizzo di termini corretti che riguardano la disabilità e soprattutto le PERSONE con disabilità.
Devo fare una premessa per chi non mi conosce:
* Io e Giusi abbiano discusso in merito a una scelta che io non approvavo ma riguardo pareri personali e non sui termini corretti o meno per parlare di disabilità
Ci ho pensato sù e la spiegazione al perché ho deciso ugualmente di scrivere questo post è che non si tratta di gradimento, di scelte particolari fatte dall'autore che io non approvo, (ad esempio mi è capito di discutere con Giusi Parisi riguardo "Io bullo"*), ma di rispetto e utilizzo di termini corretti che riguardano la disabilità e soprattutto le PERSONE con disabilità.
Devo fare una premessa per chi non mi conosce:
- da tantissimi anni sono volontaria presso varie associazioni che si occupano di disabilità e questo impegno è raddoppiato quando nel 2012 ho conosciuto la mia amica Raffaella che ha un figlio che si sposta in carrozzina.
- amo da matti i libri per bambini e ragazzi, ne leggo tantissimi, partecipo a incontri con l'autore e sono stata un paio di volte alla Children's Book Fair di Bologna e credo siano un potente mezzo per creare conoscenza.
- gestisco il sito Parchi per Tutti che porta avanti un progetto di sensibilizzazione sul diritto al gioco dei bambini con disabilità
- seguo tantissime pagine facebook sul tema della disabilità ma soprattutto inclusione sociale e accessibilità degli spazi pubblici
- sono una persona molto pignola :-P
Iniziamo dal titolo: "Vi stupiremo con difetti speciali". Perché scegliere il termine "difetti"? Che siano speciali o meno, sempre difetti restano ovvero un'imperfezione, una mancanza. Non sono ipocrita o sciocca, so benissimo che non si può negare che un bambino con disabilità sia "fuori norma", che possa avere dei difetti fisici ma dobbiamo proprio farlo notare e nel titolo? Se vogliamo trasmettere un messaggio di inclusione, a mio parere, abbiamo sicuramente sbagliato linguaggio. E pare che lo scopo del libro sia l'inclusione.
Considero l'uso di "difetti speciali" identico a "diversamente abile" che oggi non è assolutamente più accettato. Per spiegare il motivo prendo il prestito le parole del caro Franco Bomprezzi:
Le parole mostrano la cultura, il grado di civiltà, il modo di pensare, il livello di attenzione verso i più deboli. Ci sono parole da usare e non usare. E quelle da non usare non vanno usate. Hai voglia a dire: chiamami come vuoi, l’importante è che mi rispetti. No! Se mi chiami in maniera sbagliata mi manchi di rispetto.
Semplicemente: persona con disabilità. L’attenzione sta lì, sulla persona. La sua condizione, se proprio serve esprimerla, viene dopo. Questa è una delle indicazioni fondamentali che giungono dalla "Convenzione Internazionale sui diritti delle persone con disabilità". Non: diversamente abile, disabile, handicappato, portatore di handicap …
"Diversamente abile" o "diversabile" hanno avuto forse una valenza anni fa, ora non più. L’errore è di principio: nella dizione ‘diversamente abili’, infatti, viene proposto come prioritario il concetto di 'diversità'… La disabilità non è una diversità, ma una condizione di vita.
Aggiungo quindi che la disabilità non è un difetto ma una condizione di vita e sottolineare che una persona sia difettosa, (se ha un difetto è di conseguenza difettosa), non aiuterà le persone che la circondano ad accettarla e includerla in ogni ambito sociale.
Io dico NO a titoli che possano associare in qualsiasi modo la disabilità a un difetto, soprattutto un libro per bambini!
Sul sito Giunti è presente un estratto del libro che ho scaricato immediatamente dopo essere rimasta delusa dal titolo del libro e mi son subito imbattuta in "bambina down".
CoorDown, il coordinamento nazionale delle associazioni delle persone con sindrome di DOWN, porta avanti campagne di sensibilizzazione bellissime che hanno lo scopo di abbattere pregiudizi, stereotipi e favorire l'inclusione. Una delle ultime campagna trattava il tema dei bisogni speciali. Bisogni speciali? Sarebbe speciale se le persone con sindrome di Down avessero bisogno di mangiare uova di dinosauro. Questo sarebbe speciale. Quello di cui abbiamo bisogno è invece istruzione, lavoro, opportunità, amici e un po’ d’amore. Proprio come tutte le altre persone.
CoorDown sul proprio sito ha pubblicato un piccolo vademecum che negli anni è stato ripreso da tantissime associazioni nel quale riporta le parole da dire e quelle da non dire! Bambina down è tra le parole da non dire: http://www.coordown.it/notizie/cosa-dire-e-cosa-non-dire-vademecum-sulla-sindrome-di-down/
Sempre dalle parole di Franco Bombrezzi: Disabilità. L’indicazione è semplice e permette poi di capire meglio come si possa scegliere il linguaggio più giusto: utilizzare "persona con disabilità", mettendo la persona al primo posto ed eventualmente, se servisse, facendo seguire la sua condizione. Chi è nato con la sindrome di Down non è "un down", ma una "persona con sindrome di Down". Sembra una riflessione banale. Non lo è.
Perché mi arrabbio tanto? Mi arrabbio tanto perché il libro è stato pubblicato da una casa editrice piuttosto grande che è molto conosciuta e che credo abbia una grande responsabilità rispetto il contenuto del libro, (diverso sarebbe stato se si fosse trattato di un libro auto pubblicato da Tizio o Caio).
Giunti sa benissimo che questo libro, anche solo per il fatto che racconta la storia di Alba e del suo papà Luca Trapanese che sono molto conosciuti in Italia, finirà nelle mani di tanti bambini sia a casa che a scuola! E allora perché non prestare la massima attenzione all'utilizzo di termini corretti riguardo la disabilità?
Di libri che trattano il tema della disabilità, sia per bambini che per adulti, ne ho letti davvero tantissimi e vi posso assicurare che ce ne sono di delicatissimi e di forti ma quasi tutti hanno in comune il fatto di riuscire a far capire al bambino, o all'adulto, (attraverso immagini, parole, racconti), che siamo tutti diversi ma ognuno di noi ha diritti e doveri ed è bello conoscersi, scoprirsi a vicenda, stupirsi che l'altro, nonostante il nostro pregiudizio, ha qualcosa da insegnarci!
Cosa penserà un bambino che legge il libro? Perché questo libro è pensato e scritto per i bambini, penserà che è normale dire "bimba down" così come penserà che i bambini con disabilità hanno dei difetti ma sono speciali.
Io proprio non approvo questo modo di parlare sulla disabilità. I bambini con disabilità vogliono essere considerati bambini e vogliono giocare, ridere, divertirsi come tutti gli altri, non vogliono sentirsi né difettosi né speciali e io sono sicura che la maggior parte dei bambini, se non condizionati da un adulto, dopo aver spalancato gli occhi e domandato, ad esempio, "perché non cammini e stai seduto su quella sedia con le ruote?" passano subito ai fatti: ah ok, adesso andiamo a giocare vicino alla fontana?
Mi piacerebbe conoscere anche la vostra opinione!
Hai letto il resto del libro Claudia? O solo l'estratto? Condivido ogni tua parola. Purtroppo il resto del libro è ancora peggio. Non si tratta solo di forma e di uso delle parole non mi sono piaciute le storie e nemmeno gli interventi degli specialisti. Mi dispiace tantissimo perché la considero un'occasione persa. Luca e Alba hanno una storia bellissima che poteva essere raccontata meglio, il linguaggio poteva essere più curato i messaggi ben indirizzati.
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